“Gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 intendono offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione. In essa noi Vescovi riconosciamo una sfida culturale e un segno dei tempi, ma prima ancora una dimensione costitutiva e permanente della nostra missione di rendere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita nuova caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero.” Questa è una parte introduttiva del discorso del Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) dove si introduceva il tema dominante per costruire una «programmazione pastorale» riguardante l’intero decennio che la Cei distingue in due periodi: il primo, quello attuale, che va fino al Convegno nazionale della Chiesa italiana (dopo Roma, Loreto, Palermo, Verona) previsto intorno al 2015; e il secondo periodo, fino al 2020. Se nel primo quinquennio si tratta – ha detto l’arcivescovo – di «portare le persone incontro a Cristo», con la testimonianza e il discernimento, l’impegno specifico nel secondo quinquennio dovrebbe concentrarsi sull’«educare alla cittadinanza», cioè sui temi specifici di quella «emergenza educativa» che è il cuore dell’analisi che i vescovi italiani hanno maturato in questi anni e che propongono negli Orientamenti. Calando questa indicazione generale nelle nostre realtà territoriali, l’arcivescovo di Torino mons. Nosiglia ha dedicato la parte centrale del suo primo intervento nel consiglio pastorale diocesano, sottolineando che il tema dell’educazione è uno dei nodi, se non «il» nodo della crisi di oggi. La cultura della società attuale esprime un orientamento che a tutto tende fuorché a educare, generando un processo a catena che discredita gli educatori, i sistemi e le agenzie educative (famiglia, scuola, Chiesa) e lasciando – nei giovani ma anche negli adulti – un «deserto» di cui non abbiamo ancora stabilito i confini (deserto di emozioni e di sentimenti ma anche di legami stabili; deserto di comportamenti adulti e di corresponsabilità…). E però, anche in una situazione difficile come l’attuale ci sono spazi, opportunità, strumenti. L’arcivescovo punta, come ha più volte ribadito, sui giovani e sulla possibilità di costruire, con loro, realtà d’incontro che permettano di rilanciare proposte di «senso». In questo i mass media, e i nuovi media in particolare, possono avere un ruolo decisivo. Mons. Nosiglia ha poi illustrato la struttura del documento Cei, ricordando in particolare che esso è motivato e orientato alla speranza, poiché Dio è il primo educatore e Cristo, via verità e vita, è una proposta che anche oggi merita conoscere. Ma la conoscenza deve passare attraverso la testimonianza concreta ed esplicita delle persone, dei credenti: perché solo questa dimensione è credibile, le parole non bastano più. L’impianto degli orientamenti, ha detto ancora l’arcivescovo, nasce dal Concilio Vaticano II e in specifico dalla Costituzione conciliare Gaudium et spes, quando la Chiesa si pensa e si presenta come una realtà che ha qualcosa da offrire e da «scambiare» con il mondo contemporaneo. Recentemente, alla parrocchia San Giuseppe Artigiano, si sono svolti incontri di riflessione sul tema “Cosa significa essere adulti nella Chiesa oggi” a partire dal Concilio Vaticano II. E’ stata un’occasione per molte persone per avvicinarsi e conoscere un avvenimento di portata mondiale che, circa 50 anni fa, portò per la prima volta nella sua storia tutti i massimi esponenti della Chiesa mondiale a confrontarsi, a dibattere, ad enumerare i principi attuandoli a partire dalle persone, dal mondo. Il Concilio produsse un’enormità di documenti e si occupò di molteplici problemi, ma sottolineò soprattutto il ruolo dei laici; i laici sono i principali protagonisti della missione della Chiesa nel mondo. Il problema dell’educazione, in un mondo caratterizzato da profondi cambiamenti, rimarrà quindi il nodo principale, la linea guida della Chiesa per i prossimi dieci anni. E’ chiaro ormai che l’educazione ai valori religiosi, l’insegnamento dei principi fondamentali di un vivere “cristiano” non può essere delegata unicamente alle parrocchie, alla catechesi bensì la trasmissione dei grandi valori da una generazione all’altra deve riguardare sempre di più i contesti familiari, lavorativi e sociali dove i laici esercitano le loro funzioni di genitori, adulti e lavoratori. In un contesto attuale, dove la tendenza dell’individuo è quella del ripiegamento su se stesso e l’atteggiamento verso i valori della fede sono permeati da un diffuso scetticismo e relativismo, diventa importante invece provare ad invertire la tendenza e provare a ragionare non in forma egoistica ma allargata verso il prossimo, verso l’altro. La difficile sfida, quindi, che ha intrapreso la Chiesa per questo decennio, si allarga a tutto il mondo delle persone credenti; spetta a noi gettare le basi per un futuro migliore; un futuro dell’essere e non dell’apparire, un futuro (e un presente) della responsabilità verso la società intesa come la casa comune. Come dice Armando Matteo, “è il blocco del futuro, dunque, la causa dell’emergenza educativa, ovvero del mancato maturare di una coscienza responsabile e responsoriale di fronte agli altri e al mondo”
Articolo di Osvaldo Toldo su "Notizie in Comune" del 23 marzo 2011
CEI Educare alla vita buona del Vangelo Orientamenti pastorali dell'episcopato Italiano per il decennio 2010-2020
ARMANDO MATTEO (La prima generazione incredula RUBETTINO 2010)