Pasqua – Resurrezione del Signore – 20 Aprile

Letture: Atti 34.37-43; Colossesi 3,1-4; Giovanni 20,1-9


Noi, impregnati di Risurrezione


Quell’uomo geniale che è l’autore del libro del Qohelet dichiara con disincantato realismo: “Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Ecco, questa è una novità»? Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto” (1,9-10). Ci voleva la Pasqua, la risurrezione di Gesù perché l’umanità potesse finalmente vedere qualcosa di nuovo. Perché il problema per noi gente del terzo millennio è proprio il concetto di novità. Il nuovo Ipad è un modello che ha caratteristiche superiori al precedente, ma in fondo è solo un aggiornamento di ciò che lo precedeva. Ma neanche quando uscì la prima tavoletta Steve Jobs aveva creato qualcosa di davvero originale: fu bravo a credere in un progetto e a lanciare su scala mondiale un prodotto che veniva usato nelle università. La risurrezione di Gesù, invece, è il nuovo che irrompe nella storia umana, con un impatto tale che, quando Paolo predica ad Atene che Dio ha costituito giudice del mondo il suo Figlio risuscitandolo dai morti, la gente sghignazza e lo considera un ciarlatano (At 17,30-32). Può sembrare strano, ma il nuovo fa paura. Ci illudiamo che l’umanità sia in fervente attesa di qualcosa che la faccia uscire dalla mediocrità che la contraddistingue, ma la realtà è che nel conformismo e nell’abitudine ci stiamo abbastanza bene. Per stanarci occorre attirarci fuori. Gesù sapeva bene che molti si accontentano del vino vecchio giudicandolo ancora buono (Lc 5,39), perciò non basta presentarsi con un prodotto nuovo, occorre convincere la gente che il nuovo è migliore e vale la pena abbandonare il vecchio. In questo senso credo che nessuna predica di Gesù sia stata efficace quanto le sue apparizioni da Risorto. I discepoli non erano più semplicemente attratti dai pur nobili ideali del Regno di Dio: volevano essere con lui. E volevano essere come lui. Ed è alla luce della Risurrezione che hanno saputo rileggere le promesse antiche dei profeti: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19); “con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova” (Ger 31,31). Forse nessuno come Paolo ha saputo trarre le debite conseguenze della novità della risurrezione di Gesù, proprio lui che era esperto della Legge antica. Chi accoglie il Risorto, dice l’apostolo, è già risuscitato con lui e la prova di questa adesione è una vita nuova: “vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo” (Col 3,9-10). Per coloro che diventavano cristiani da adulti, non c’era prova migliore dell’incontro con Cristo di un cambiamento radicale della loro condotta, un mutamento sotto gli occhi di tutti che spingeva la gente a domandarsi cosa fosse successo in quelle persone. Fintanto che la nostra vita non si impregna di Risurrezione, la novità è soltanto un bollino che ci appiccichiamo addosso.