Ascensione del Signore – 1 Giugno
Letture: Atti 1,1-11; Efesini 1,17-23; Matteo 28,16-20
La nostra cittadinanza è nei cieli
La festa dell’Ascensione celebra il ritorno di Gesù dalla terra al cielo. Sembra quasi di vederli davanti ai nostri occhi quei discepoli col naso all’insù che scrutano l’orizzonte fino a quando vedono scomparire Gesù in mezzo a una nuvola. Ma i due angeli che appaiono in quel momento li riportano bruscamente alla realtà: non è il momento di fissare lo sguardo al cielo quanto piuttosto di darsi da fare sulla terra. Nel pensiero biblico cielo e terra hanno in comune il fatto di essere stati creati entrambi dal Signore, il Dio che fatto cielo e terra (Gen 1,1). Eppure sono anche due ambiti distinti tra di loro: “I cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la terra ai figli dell’uomo” (Sal 115,16). Ciò significa che se la terra è l’abitazione degli uomini, il cielo è la dimora di Dio. Il ritorno di Gesù al cielo è dunque un viaggio significativo perché allude alla sua origine divina. Il legame tra Dio e il cielo è così forte che l’evangelista Matteo può usare indifferentemente l’espressione “regno di Dio” o “regno dei cieli” per indicare la medesima realtà e il figliol prodigo riconosce di avere mancato verso Dio dicendo di avere peccato “contro il Cielo” (Lc 15,21). L’idea che il cielo fosse sede divina era condivisa anche dalle religioni pagane, a volte in maniera un po’ grossolana: si pensi al modo in cui la commedia greca raffigura gli dèi attratti dal profumo dei sacrifici che sale verso l’alto… Per contro c’era chi, come Epicuro, pensava che il cielo fosse il luogo dove gli dèi si erano ritirati per isolarsi dagli uomini e non esserne importunati. La tradizione biblica ha un’idea del tutto diversa del rapporto tra cielo e terra. Dio non ha parcheggiato gli uomini sulla terra disinteressandosi di loro, ma si è rivelato in molti modi fino alla pienezza della manifestazione di Cristo (Eb 1,1), ha parlato loro come un padre parla col figlio, “li risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe cura assidua del genere umano, per dare la vita eterna a tutti quelli che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene” (Cost. Dogm. Dei Verbum, 2).
La missione di Gesù, come emerge soprattutto dal Quarto vangelo, è rivelare il volto del Padre: “Solo colui che viene da Dio ha visto il Padre” (Gv 6,46). Più volte Gesù sottolinea la sua origine celeste come garanzia della veridicità di quanto afferma e durante l’ultima cena, al momento della lavanda dei piedi, esprime la consapevolezza di essere venuto dal Padre e di essere in procinto di ritornarvi (Gv 13,3). Ecco allora che la festa dell’Ascensione chiude un ciclo, la discesa di Gesù e il suo ritorno. Ma ciò che i credenti non devono dimenticare è che anche a noi è stata conferita la cittadinanza celeste, come puntualmente registra san Paolo: “La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3,20). È come dire che disponiamo di un duplice passaporto: siamo emigranti su questa terra per guadagnarci una pensione che godremo nella nostra vera casa per l’eternità.