6^ Domenica di Pasqua – 25 Maggio

Letture: Atti 8,5-8.14-17; 1Pietro 3,15-18; Giovanni 14,15-21


Samaria, trampolino verso i pagani


Per comprendere l’importanza della missione tra i samaritani negli Atti degli apostoli bisogna prima conoscere un po’ di storia. I giudei dividevano il mondo in due categorie: i giudei, appunto, che erano destinatari delle promesse divine e dovevano conservarsi degni di questi privilegi e i pagani che un giorno sarebbero stati accolti in Israele e avrebbero beneficiato della salvezza. E poi c’erano loro, i samaritani, quelli che se esistevano ci doveva pur essere un motivo, anche se non era chiaro quale. Rispetto ai pagani, infatti, i samaritani risultavano molto più antipatici perché erano discendenti di Abramo ma avevano mescolato l’osservanza religiosa giudaica con i culti pagani e quindi si portavano appresso la scomoda etichetta di traditori. All’inizio del secondo secolo a.C. l’autore del libro del Siracide non trova definizione migliore per loro che “il popolo stolto che abita in Sichem” (Sir 50,26). E le cose non vanno molto meglio al tempo di Gesù, come testimonia la freddezza iniziale nel suo dialogo con la donna di Samaria (Gv 4,5-42). Ancora più eloquente è il modo sprezzante con cui viene bollato Gesù dai suoi oppositori in Gv 8,48: un samaritano e un indemoniato! Visto come stavano le cose, l’annuncio del vangelo in Samaria non era affatto una tappa scontata, ma si giustifica con l’agenda dettata da Gesù poco prima di ascendere al cielo: i discepoli sarebbero stati suoi testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At 1,8). Qui si comprende che i samaritani rappresentano una tappa intermedia tra la missione “ad intra” in mezzo ai giudei e quella “ad extra” fra i pagani. La Samaria diviene quindi un ponte tra quei due mondi e al tempo stesso un trampolino di lancio per arrivare tra i pagani. Curiosamente la missione samaritana avrà un successo inaspettato, per certi aspetti superiore anche alle altre tappe, che alternano momenti di entusiasmo a situazioni difficili. Invece il tema dominante di questa predicazione è la letizia: “E vi fu grande gioia in quella città” (At 8,8). L’esito di questa missione è positivo perché gli annunciatori hanno il coraggio di vincere i pregiudizi, esattamente come aveva insegnato precedentemente Gesù. Significativa a questo riguardo è la parabola del buon samaritano che supera con la sua condotta gli stereotipi nei suoi confronti e si dimostra più caritatevole del sacerdote e del levita (Lc 10,30-35), ma anche il lebbroso guarito che torna a esprimere la sua riconoscenza a Gesù, un uomo definito “straniero” (Lc 17,18) ma con una fede ritenuta superiore agli altri. La Chiesa che annuncia il vangelo ai samaritani è la Chiesa che non guarda in faccia nessuno, che non agisce secondo criteri umani ma si lascia guidare dallo Spirito. Ci sono ancora molte aree di confine nel nostro mondo, né vicine né lontane, zone grigie su cui si è steso un velo di indifferenza. Il vangelo deve arrivare anche lì, a patto che si trovino degli evangelizzatori non troppo schizzinosi.