1^ Domenica di Quaresima – 9 Marzo
Letture: Genesi 2,7-9; 3,1-7; Romani 5,12-19; Matteo 4,1-11
Cosa significa per noi avere fame?
Parlare di fame nel nostro mondo occidentale significa accostarci ad un concetto che ci tocca solo marginalmente. Cosa significa per noi avere fame? Saltare un pasto? Occupare il tempo tra un pasto e l’altro con uno spuntino? C’è purtroppo una fetta consistente del nostro pianeta per la quale la fame è compagna abituale, una fame che assomiglia a quella magistralmente descritta da Primo Levi nel tempo della sua permanenza in lager, “la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi”. Non ho mai avuto una fame del genere e per questo mi rendo conto che le mie riflessioni saranno semplicemente un ragionamento astratto, lontane da quell’esperienza che riportano diverse pagine della Bibbia. Fame, spada e peste sono i flagelli che per antonomasia si abbattono sui popoli come castigo. La carestia, la guerra e le epidemie sono sovente correlate tra loro e sono viste come un incubo. All’approssimarsi della caduta di Gerusalemme il profeta Geremia pronuncia questo oracolo terribile: “Manderò contro di loro la spada, la fame e la peste, finché non saranno eliminati dalla terra che io diedi a loro e ai loro padri” (Ger 24,10). Diventa rilevante, dunque, che il ministero di Gesù cominci con un digiuno prolungato che lo porta infine ad avere fame (Mt 4,2). Al lettore frettoloso potrà apparire secondario che Gesù abbia avuto fame soltanto alla fine dei quaranta giorni e non durante quel tempo prolungato, ma Ilario di Poitiers vi assegna un significato speciale. La fame di Gesù, infatti, non sarebbe stata la naturale conseguenza di un appetito che non viene soddisfatto per più di cinque settimane, ma una sorta di prostrazione che si abbatte repentinamente su di lui e lo espone alla debolezza della carne. Ilario sottolinea che il diavolo doveva essere vinto non da Dio, ma dalla carne, appunto perché gli uomini comprendessero di poter uscire vincitori da questo confronto. Satana pensava di abbindolare Gesù come aveva fatto, a suo tempo, con Adamo ed Eva e invece ne esce con le corna rotte! La fame, quindi, espone alla caduta ma si può resistere. Del resto, non sempre la fame è legata al desiderio di cibo. Il profeta Amos prevede un tempo nel quale il Signore manderà una fame non di pane, ma di ascoltare la sua parola (Am 8,11). E quando Gesù dichiara beati coloro che desiderano con tutto il cuore la giustizia, li indica come quelli che hanno fame e sete di giustizia (Mt 5,6). Se, dunque, la fame rappresenta uno dei desideri fondamentali dell’uomo, si comprende bene perché la condizione futura degli eletti deve essere dipinta come un tempo in cui scomparirà la fame. Dato che Dio rappresenta il coronamento di ogni desiderio, è naturale che davanti a lui scompaia la fame. Per questo nell’Apocalisse il destino degli eletti è quello di non avere più né fame né sete, perché l’Agnello che sarà in mezzo a loro provvederà a questo (Ap 7,16-17).
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